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Speakers' Corner


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Intanto oggi hanno ritrovato il corpo di quella povera ragazzina di Brembate, Yara, scomparsa esattamente 3 mesi fa.

La cosa che fa rabbrividire sul serio, oltre alla vicenda in sè ovviamente, è che il corpo, a quanto pare, è stato tenuto nascosto per tutto il tempo, finchè l'assassino/gli assassini non hanno deciso di farlo ritrovare a meno di 10km dalla casa della bambina ed a 300 metri in linea d'aria dal comando dei carabinieri che è a capo delle indagini.

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è un'ecatombe... ora anche trade&rumors?!? pensiamo di lasciare aperto qualche topic o alla prossima sconfitta chiudiamo il forum?!?

ha scritto su whatsapp.

La Norma e i Puritani

di Umberto Eco

 

È ovvio che all'estero ci si sbellichi dalle risate perché è da pochade inizio Novecento che un uomo, che ha la responsabilità di un paese, prenda per oro colato quello che gli dice una cubista(18 febbraio 2011) Le critiche ai comportamenti del nostro presidente del consiglio hanno suscitato una serie di obiezioni che si vogliono salaci. La prima mirava non tanto a scagionare il presidente quanto a deridere i suoi critici: "Voi sessantottini di un tempo, si è detto, che predicavate il libero amore e le droghe psichedeliche, oggi siete diventati bacchettoni puritani che censurano le pratiche sessuali del presidente, se pure di pratiche sessuali si tratta e non di cene a base di Coca-Cola Light" (ma che cene malinconiche, osservo, senza neppure un goccio di Gavi o di Greco di Tufo!). Sul libero amore sessantottino sono poco informato perché io all'epoca avevo ormai trentasei anni (allora un'età considerata assai matura), due figli, e facevo il professore. Pertanto non sono mai andato nudo e coi capelli lunghi ai concerti rock fumando marijuana. Però mi pare che allora per libertà sessuale si intendesse che due persone potessero praticare il sesso insieme per libera elezione e (soprattutto) gratis. Cosa assai diversa da un sesso pre-sessantottino, quello per intenderci dei casini di nostalgica memoria, dove si era liberi di far sesso, ma pagando.

 

Tuttavia ha ragione chi dice che è da puritani criticare il presidente perché frequenta fanciulle dalla moralità assai flessibile. Chiunque ha diritto alla forma di sesso che lo soddisfa (omo o eterosessuale, alla pecorina, more ferino, sadomaso, con fellazione, cunnilingus e spagnoletta, onanismo, dispersione del seme in vaso indebito, delectatio morosa, sino alla coprofilia, alla clismafilia, all'esibizionismo, al feticismo, al travestimento, al frotteurismo, all'urofilia, al voyeurismo - e via copulando), purché lo faccia con persone consenzienti, senza danneggiare chi non desidera partecipare o non è in grado di dare un consenso informato (ed ecco perché si condannano pedofilia, zoofilia, stupro e scatologia telefonica) e il tutto avvenga in locali chiusi in modo da non offendere la sensibilità dei puritani - così come non si deve bestemmiare in pubblico per non offendere la sensibilità dei credenti.

Devo ammettere che spesso gli oppositori del presidente hanno premuto troppo il pedale sugli aspetti sessuali del caso Ruby. È naturale che sia accaduto così, perché se agli italiani racconti del conflitto di interessi, della corruzione di magistrati, dell'occultazione di capitali o delle leggi ad personam, quelli saltano l'articolo, mentre se gli sbatti subito Ruby in prima pagina, smanettano per tutto il giornale sino alle previsioni del tempo. Ma l'opposizione al premier non è l'opposizione ai suoi gusti sessuali. È l'opposizione al fatto che, per compensare chi partecipava alle sue cene, egli dava posti negli organismi regionali, provinciali, nazionali o europei, e a spese nostre. Se lo stipendio di consigliere regionale alla signora Minetti lo pago io (percentualmente) e (sia pure per una quota minima) chi vive con mille euro al mese, non c'entrano i Puritani, c'entra la Norma (di legge).

 

Il problema morale non è che non si deve fare all'amore (visto che è sempre meglio che fare la guerra, come dicevano nel Sessantotto) ma che non si deve farlo facendo pagare chi non c'entra. Marrazzo non è criticabile per aver frequentato transessuali ma per esserci andato con l'auto dei carabinieri.

Ma facciamo pure l'ipotesi che il presidente non abbia compensato le sue convitate con pubblici appannaggi. Una volta detto che è lecito fare a casa propria quel che si desidera, questo è vero per un bancario, un medico, un operaio iscritto alla Fiom, ma se si viene a sapere che certe pratiche si svolgono a casa di un uomo politico è difficile che non ne nasca un pubblico scandalo. A John Profumo e a Gary Hart è bastato il connubio con una e una sola donna (una ciascuno) per rovinar loro la carriera. Quando le donne sono tante, e portate alla festa in pulmino, non si può impedire che le barzellette sul Ruby-gate appaiano persino sui giornali coreani o alla televisione tunisina (controllare su Internet).

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Cl, affari con la 'ndrangheta

di Paolo Biondani

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2145642

 

L'indagine sui clan calabresi nel nord Italia svela gli impressionanti legami tra la macchina di potere di Comunione e Liberazione e la malavita organizzata. Dalla sanità fino ai cantieri edili

 

C'è il revisore dei conti della fiera di Milano che "divide i soldi in nero" con il capo della 'ndrangheta. Il direttore sanitario arrestato per mafia che svende appalti in cambio di "un sacco di voti" per un parlamentare "legato a doppio filo a Formigoni". C'è il nuovo manager degli ospedali lombardi che è tanto amico dei boss calabresi da farsi definire "il nostro collaboratore". C'è il vicepresidente del consiglio regionale, già indagato per bancarotta e corruzione, che si vede inserire dai giudici nel "capitale sociale della 'ndrangheta". E poi ci sono gli imprenditori mafiosi, che continuano ad avvelenare terre e acque della Lombardia. Mentre la politica reagisce vietando ai tecnici regionali di aiutare le inchieste della magistratura.

 

Gli atti d'accusa della direzione antimafia di Milano svelano il lato oscuro di Comunione e liberazione. Alla base di Cl c'è un movimento forte di migliaia di persone oneste, laboriose, profondamente cattoliche. Al vertice però, attorno a Roberto Formigoni, governatore-padrone della Lombardia dal 1995, si è creata una macchina di potere con agganci spaventosi. A documentarli è la requisitoria dei pm (3.286 pagine, in gran parte inedite) che nel luglio 2010 ha portato in carcere più di 300 imputati di mafia. Tra tanti reati, i giudici delle indagini hanno ritenuto provati molti fatti al limite della legalità: relazioni di "contiguità e vicinanza", che non raggiungono gli estremi della complicità penale, ma consentono ai capimafia di "beneficiare di rapporti continuativi con altri poteri, economici e politici".

 

Il campionario delle contiguità si apre con la Fondazione che controlla il gruppo Fiera di Milano, storicamente il primo feudo ciellino. Sulla poltrona di presidente del collegio sindacale, che è l'unico organo di controllo interno, siede un commercialista di Palmi, Pietro Pilello. Già intercettato nel 2007 mentre aiutava Berlusconi a reclutare parlamentari per far cadere Prodi, il revisore calabrese è tornato alla ribalta quando si è scoperto che nel 2009 organizzava "cene elettorali con i boss" a favore di Guido Podestà, il presidente della Provincia di Milano. Ora "l'Espresso" può svelare come è nato il suo rapporto con un capomafia del calibro di Pino Neri, un avvocato massone nominato "reggente" delle cosche lombarde direttamente dalla cupola calabrese, per chiudere una guerra di mafia esplosa nel 2008. Tra Neri e Pilello, secondo i magistrati, c'era un patto occulto: "Una compartecipazione ufficiosa alle cause civili, di cui si dividevano i guadagni in nero". Il problema è che "compare Pino" era uscito dal carcere nel 2007, dopo una condanna definitiva a 13 anni per un colossale traffico di droga, per cui non poteva più comparire come avvocato. Di qui l'accordo tra i due fiscalisti che hanno fatto fortuna al Nord: le parcelle vengono "intestate allo studio di Pilello, presenziato da suo figlio", ma "il boss Neri incassa il 50 per cento". Il capomafia intercettato si lamenta perfino che Pilello gli avrebbe "fottuto soldi in nero" e "rubato clienti", citando "una pratica da un milione di euro" per un centro commerciale. Ora Neri è in cella, mentre Pilello continua a collezionare poltrone, mettendo d'accordo formigoniani e berlusconiani: è revisore dei conti di 28 società, tra cui Finlombarda, Mm, Asm Pavia e Raiway.

 

Queste e altre rivelazioni dei boss sono state registrate dalle microspie nascoste dai carabinieri sull'auto di Carlo Antonio Chiriaco, un super manager della sanità lombarda arrestato come "mafioso da più di vent'anni". Rievocando estorsioni, riciclaggi nell'edilizia e tentati omicidi, lo stesso Chiriaco si è autodefinito "fondatore della 'ndrangheta a Pavia". Nel 2008, dopo vent'anni di promozioni, la giunta Formigoni lo ha nominato direttore sanitario dell'Asl di Pavia, una delle più importanti d'Italia, con 780 milioni di fatturato. Qui Chiriaco, concludono i giudici, ha "costantemente operato nell'interesse della 'ndrangheta". "Questo è il centro di potere più grosso della provincia", spiegava lui ai boss, "perché da noi dipendono tutti gli ospedali, i medici, i cantieri, la veterinaria... Siamo noi che diamo i soldi e noi che controlliamo... Ho una squadra che funziona che è una meraviglia". E Neri confermava: "Ha tutta la provincia sotto di lui, ci fa centomila favori... Lui è molto vicino a me, da anni siamo tutt'uno".

 

Il più potente sponsor di Chiriaco è l'onorevole Giancarlo Abelli, detto "il faraone di Pavia". Ex dc non ciellino, è diventato, nell'era Formigoni, il grande burattinaio della sanità. E nel 2010, quando si ricandida in Regione, Chiriaco si scatena. Corrompe elettori: "Venti euro a voto, ecco la busta". Alluviona Pavia di sms: "Chiedo la preferenza per Abelli, molto più che un amico. Scrivi Abelli (Pdl) sulla scheda. Grazie per questo favore". Anche il boss Neri fa votare l'onorevole e il 15 febbraio 2010 gli manda in ufficio uno scagnozzo per farsi "ringraziare". Chiriaco spiega così ai mafiosi i vantaggi del voto: "Abelli è legato a doppio filo a Formigoni. E nei prossimi cinque anni c'è l'Expo". Ma cosa promettesse Abelli, resta un mistero: è parlamentare, proibito intercettarlo.

 

Di certo il manager mafioso dell'Asl di Pavia aveva già brigato per far scarcerare sua moglie, Rosanna Gariboldi, arrestata (e poi condannata) per aver riciclato fondi neri del "re delle bonifiche" Giuseppe Grossi. Lady Abelli finisce in cella il 30 ottobre 2009. Mentre i big di Cl e Pdl parlano di "tortura giudiziaria", Chiriaco organizza due false visite mediche per far certificare un'inesistente malattia della detenuta. Al telefono, precisa che il medico disponibile, un ciellino doc, è stato "contattato da Pietro Caltagirone": il dirigente della sanità che fu nominato a Lecco, la città di Formigoni, nonostante una condanna definitiva per appalti truccati.

 

A sua volta l'imprenditore Grossi, prima delle manette, era al centro di una lobby che univa Formigoni al ministro Gelmini, passando per Abelli e Paolo Berlusconi. La sua fortuna è finita a Santa Giulia: il maxi-progetto edilizio, approvato dal Comune di Milano, che è risultato avvelenato da montagne di rifiuti tossici. Il piano di disinquinamento era stato certificato da un esperto ciellino, Claudio Tedesi, ora indagato. La bonifica però era finta, anzi Santa Giulia era diventata una discarica abusiva della 'ndrangheta. I cumuli di "scorie cancerogene" sono stati scoperti, alla fine, da una squadra di tecnici regionali dell'Arpa, scelti dai pm. Ma nessuno potrà più fare nuove indagini: da dicembre il direttore dell'Arpa (un fedelissimo di Nicola Sanese, l'eminenza grigia del Pirellone) ha tolto ai tecnici tutti i poteri di polizia giudiziaria. Proprio adesso che la Procura scopre che decine di grandi lavori, dall'ospedale di Como alle strade dell'Expo, sono inquinati dai veleni mafiosi.

 

Dopo l'arresto di Chiriaco (e lo strano suicidio di un dirigente indagato per mafia dell'ospedale San Paolo) Formigoni ha promesso di nominare "i più meritevoli". Detto fatto. Il 31 dicembre, dopo una feroce spartizione tra Cl e Lega, la giunta sforna i nuovi direttori della sanità. Al vertice dell'Asl Milano 1 sale Pietro Gino Pezzano. Quando "Il Fatto" pubblica una sua foto con i boss della Brianza, l'opposizione insorge. Pezzano minimizza: "Un caso. Io sono un medico, quelli erano tra i tanti miei pazienti". Peccato che per i capimafia lui non sia uno dei tanti. Il boss Pino Neri, come ha verificato "l'Espresso", lo inserisce nella cerchia degli "amici stretti". "I nostri collaboratori", arriva a definirli, spiegando a un complice che "Gino Pezzano è un pezzo grosso della Brianza, della sanità... Fa favori a tutti!".

 

Tra Monza e Desio il suo nume è Massimo Ponzoni, che fino allo scandalo Grossi era l'assessore lombardo all'Ambiente, rifiuti e bonifiche. I giudici antimafia ora osservano sbalorditi che gli altri politici vengono contattati da imprenditori collusi, mentre lui è l'unico ad avere "rapporti diretti con i boss", inserendosi così nel "capitale sociale della 'ndrangheta". Ricandidato anche se indagato per bancarotte immobiliari e presunte tangenti tra edilizia e sanità, Ponzoni è tuttora uno dei quattro vicepresidenti del consiglio regionale. Benvenuti in Lombardia, Italia 2011.

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Cl, affari con la 'ndrangheta

di Paolo Biondani

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2145642

 

L'indagine sui clan calabresi nel nord Italia svela gli impressionanti legami tra la macchina di potere di Comunione e Liberazione e la malavita organizzata. Dalla sanità fino ai cantieri edili

 

C'è il revisore dei conti della fiera di Milano che "divide i soldi in nero" con il capo della 'ndrangheta. Il direttore sanitario arrestato per mafia che svende appalti in cambio di "un sacco di voti" per un parlamentare "legato a doppio filo a Formigoni". C'è il nuovo manager degli ospedali lombardi che è tanto amico dei boss calabresi da farsi definire "il nostro collaboratore". C'è il vicepresidente del consiglio regionale, già indagato per bancarotta e corruzione, che si vede inserire dai giudici nel "capitale sociale della 'ndrangheta". E poi ci sono gli imprenditori mafiosi, che continuano ad avvelenare terre e acque della Lombardia. Mentre la politica reagisce vietando ai tecnici regionali di aiutare le inchieste della magistratura.

 

Gli atti d'accusa della direzione antimafia di Milano svelano il lato oscuro di Comunione e liberazione. Alla base di Cl c'è un movimento forte di migliaia di persone oneste, laboriose, profondamente cattoliche. Al vertice però, attorno a Roberto Formigoni, governatore-padrone della Lombardia dal 1995, si è creata una macchina di potere con agganci spaventosi. A documentarli è la requisitoria dei pm (3.286 pagine, in gran parte inedite) che nel luglio 2010 ha portato in carcere più di 300 imputati di mafia. Tra tanti reati, i giudici delle indagini hanno ritenuto provati molti fatti al limite della legalità: relazioni di "contiguità e vicinanza", che non raggiungono gli estremi della complicità penale, ma consentono ai capimafia di "beneficiare di rapporti continuativi con altri poteri, economici e politici".

 

Il campionario delle contiguità si apre con la Fondazione che controlla il gruppo Fiera di Milano, storicamente il primo feudo ciellino. Sulla poltrona di presidente del collegio sindacale, che è l'unico organo di controllo interno, siede un commercialista di Palmi, Pietro Pilello. Già intercettato nel 2007 mentre aiutava Berlusconi a reclutare parlamentari per far cadere Prodi, il revisore calabrese è tornato alla ribalta quando si è scoperto che nel 2009 organizzava "cene elettorali con i boss" a favore di Guido Podestà, il presidente della Provincia di Milano. Ora "l'Espresso" può svelare come è nato il suo rapporto con un capomafia del calibro di Pino Neri, un avvocato massone nominato "reggente" delle cosche lombarde direttamente dalla cupola calabrese, per chiudere una guerra di mafia esplosa nel 2008. Tra Neri e Pilello, secondo i magistrati, c'era un patto occulto: "Una compartecipazione ufficiosa alle cause civili, di cui si dividevano i guadagni in nero". Il problema è che "compare Pino" era uscito dal carcere nel 2007, dopo una condanna definitiva a 13 anni per un colossale traffico di droga, per cui non poteva più comparire come avvocato. Di qui l'accordo tra i due fiscalisti che hanno fatto fortuna al Nord: le parcelle vengono "intestate allo studio di Pilello, presenziato da suo figlio", ma "il boss Neri incassa il 50 per cento". Il capomafia intercettato si lamenta perfino che Pilello gli avrebbe "fottuto soldi in nero" e "rubato clienti", citando "una pratica da un milione di euro" per un centro commerciale. Ora Neri è in cella, mentre Pilello continua a collezionare poltrone, mettendo d'accordo formigoniani e berlusconiani: è revisore dei conti di 28 società, tra cui Finlombarda, Mm, Asm Pavia e Raiway.

 

Queste e altre rivelazioni dei boss sono state registrate dalle microspie nascoste dai carabinieri sull'auto di Carlo Antonio Chiriaco, un super manager della sanità lombarda arrestato come "mafioso da più di vent'anni". Rievocando estorsioni, riciclaggi nell'edilizia e tentati omicidi, lo stesso Chiriaco si è autodefinito "fondatore della 'ndrangheta a Pavia". Nel 2008, dopo vent'anni di promozioni, la giunta Formigoni lo ha nominato direttore sanitario dell'Asl di Pavia, una delle più importanti d'Italia, con 780 milioni di fatturato. Qui Chiriaco, concludono i giudici, ha "costantemente operato nell'interesse della 'ndrangheta". "Questo è il centro di potere più grosso della provincia", spiegava lui ai boss, "perché da noi dipendono tutti gli ospedali, i medici, i cantieri, la veterinaria... Siamo noi che diamo i soldi e noi che controlliamo... Ho una squadra che funziona che è una meraviglia". E Neri confermava: "Ha tutta la provincia sotto di lui, ci fa centomila favori... Lui è molto vicino a me, da anni siamo tutt'uno".

 

Il più potente sponsor di Chiriaco è l'onorevole Giancarlo Abelli, detto "il faraone di Pavia". Ex dc non ciellino, è diventato, nell'era Formigoni, il grande burattinaio della sanità. E nel 2010, quando si ricandida in Regione, Chiriaco si scatena. Corrompe elettori: "Venti euro a voto, ecco la busta". Alluviona Pavia di sms: "Chiedo la preferenza per Abelli, molto più che un amico. Scrivi Abelli (Pdl) sulla scheda. Grazie per questo favore". Anche il boss Neri fa votare l'onorevole e il 15 febbraio 2010 gli manda in ufficio uno scagnozzo per farsi "ringraziare". Chiriaco spiega così ai mafiosi i vantaggi del voto: "Abelli è legato a doppio filo a Formigoni. E nei prossimi cinque anni c'è l'Expo". Ma cosa promettesse Abelli, resta un mistero: è parlamentare, proibito intercettarlo.

 

Di certo il manager mafioso dell'Asl di Pavia aveva già brigato per far scarcerare sua moglie, Rosanna Gariboldi, arrestata (e poi condannata) per aver riciclato fondi neri del "re delle bonifiche" Giuseppe Grossi. Lady Abelli finisce in cella il 30 ottobre 2009. Mentre i big di Cl e Pdl parlano di "tortura giudiziaria", Chiriaco organizza due false visite mediche per far certificare un'inesistente malattia della detenuta. Al telefono, precisa che il medico disponibile, un ciellino doc, è stato "contattato da Pietro Caltagirone": il dirigente della sanità che fu nominato a Lecco, la città di Formigoni, nonostante una condanna definitiva per appalti truccati.

 

A sua volta l'imprenditore Grossi, prima delle manette, era al centro di una lobby che univa Formigoni al ministro Gelmini, passando per Abelli e Paolo Berlusconi. La sua fortuna è finita a Santa Giulia: il maxi-progetto edilizio, approvato dal Comune di Milano, che è risultato avvelenato da montagne di rifiuti tossici. Il piano di disinquinamento era stato certificato da un esperto ciellino, Claudio Tedesi, ora indagato. La bonifica però era finta, anzi Santa Giulia era diventata una discarica abusiva della 'ndrangheta. I cumuli di "scorie cancerogene" sono stati scoperti, alla fine, da una squadra di tecnici regionali dell'Arpa, scelti dai pm. Ma nessuno potrà più fare nuove indagini: da dicembre il direttore dell'Arpa (un fedelissimo di Nicola Sanese, l'eminenza grigia del Pirellone) ha tolto ai tecnici tutti i poteri di polizia giudiziaria. Proprio adesso che la Procura scopre che decine di grandi lavori, dall'ospedale di Como alle strade dell'Expo, sono inquinati dai veleni mafiosi.

 

Dopo l'arresto di Chiriaco (e lo strano suicidio di un dirigente indagato per mafia dell'ospedale San Paolo) Formigoni ha promesso di nominare "i più meritevoli". Detto fatto. Il 31 dicembre, dopo una feroce spartizione tra Cl e Lega, la giunta sforna i nuovi direttori della sanità. Al vertice dell'Asl Milano 1 sale Pietro Gino Pezzano. Quando "Il Fatto" pubblica una sua foto con i boss della Brianza, l'opposizione insorge. Pezzano minimizza: "Un caso. Io sono un medico, quelli erano tra i tanti miei pazienti". Peccato che per i capimafia lui non sia uno dei tanti. Il boss Pino Neri, come ha verificato "l'Espresso", lo inserisce nella cerchia degli "amici stretti". "I nostri collaboratori", arriva a definirli, spiegando a un complice che "Gino Pezzano è un pezzo grosso della Brianza, della sanità... Fa favori a tutti!".

 

Tra Monza e Desio il suo nume è Massimo Ponzoni, che fino allo scandalo Grossi era l'assessore lombardo all'Ambiente, rifiuti e bonifiche. I giudici antimafia ora osservano sbalorditi che gli altri politici vengono contattati da imprenditori collusi, mentre lui è l'unico ad avere "rapporti diretti con i boss", inserendosi così nel "capitale sociale della 'ndrangheta". Ricandidato anche se indagato per bancarotte immobiliari e presunte tangenti tra edilizia e sanità, Ponzoni è tuttora uno dei quattro vicepresidenti del consiglio regionale. Benvenuti in Lombardia, Italia 2011.

 

http://www.youtube.com/watch?v=XlEo1NS4GN4&feature=related

 

4:30

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Sti luoghi comuni del cazzo. Ormai l'ndrangheta è più diffusa a Milano che in Calabria.

Centuplica il suo fatturato ogni anno qui al Nord.

 

Il Nord puro, il Nord pulito, il Nord legale.

 

 

PS velo pietoso sulla Moratti, che è solo l'inizio della pesante eredità di incompetenza che questa generazione politica lascerà in questo paese.

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Berlusconi, Hitler e io

di Umberto Eco

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/berlusconi-hitler-e-io/2145679

 

Ecco com'è nata la sciocchezza secondo la quale avrei paragonato il nostro premier al Führer. Una storiella emblematica di come si inventano le notizie e poi si usano questi falsi per infangare qualcuno

 

Una sera della settimana scorsa, a Gerusalemme, un giornalista italiano mi ha comunicato che era arrivata in Italia una nota di agenzia dove si diceva che nella conferenza stampa del mattino avrei detto che Berlusconi era come Hitler, e già alcuni autorevoli rappresentanti della maggioranza avevano rilasciato dichiarazioni su questa mia "delirante" dichiarazione, che a parer loro offendeva l'intera comunità ebraica (sic). La quale era evidentemente in tutt'altre faccende affaccendata, perché il mattino dopo vari quotidiani israeliani riportavano ampie cronache di quella conferenza stampa (il "Jerusalem Post", bontà sua, vi dedicava addirittura un'apertura in prima pagina e quasi l'intera terza pagina) ma di Hitler non si faceva cenno, bensì ci si diffondeva sulle vere questioni su cui si era discusso. Nessuna persona sensata, per quanto critica nei confronti di Berlusconi, penserebbe di paragonarlo a Hitler, visto che Berlusconi non ha scatenato un conflitto mondiale da 50 milioni di morti, non ha massacrato 6 milioni di ebrei, non ha chiuso il parlamento della Repubblica di Weimar, non ha costituito reparti di camice brune e SS, e via dicendo. Cos'era allora accaduto quella mattina?

 

Molti italiani non si rendono ancora conto di quanto il nostro presidente del consiglio sia screditato all'estero, così che quando ci si trova a rispondere alle domande degli stranieri certe volte si è addirittura indotti a difenderlo, per amor di bandiera. Un importuno pretendeva che io dicessi che, siccome Berlusconi, Mubarak e Gheddafi erano o erano stati restii a dimettersi, Berlusconi era il Gheddafi italiano. Dovevo ovviamente rispondere che Gheddafi era un tiranno sanguinario che stava sparando sui suoi compatrioti ed era salito al potere con un colpo di stato, mentre Berlusconi era stato regolarmente eletto da una parte consistente degli italiani (e ho aggiunto «purtroppo»). Per cui, a voler stabilire analogie a tutti i costi, allora si poteva anche paragonare Berlusconi a Hitler solo perché entrambi erano stati regolarmente eletti. Ridotta "ad absurdum" l'incauta ipotesi, si era tornati a parlare di cose serie.

 

Quando il collega italiano mi aveva detto del comunicato d'agenzia aveva commentato con un certo fatalismo: «Sai, il giornalista deve tirare fuori la notizia anche se è nascosta». Non sono d'accordo, il giornalista deve dare la notizia quando c'è davvero, non crearla. Ma questo è anche segno della situazione provinciale in cui si trova il nostro paese, per cui non interessa se, poniamo, a Calcutta si discute sui destini del pianeta, ma solo se a Calcutta qualcuno ha detto qualcosa pro o contro Berlusconi.

 

Un aspetto curioso della faccenda, come ho poi visto tornando a casa, è che in ogni giornale in cui se ne è parlato, le mie presunte dichiarazioni, virgolettate, venivano tutte dall'originario comunicato d'agenzia, dove appariva che io avrei definito il mio rapido accenno a Hitler come «un paradosso intellettuale» o che avrei accennato al parallelo «intellettualmente parlando». Ora potrei forse, in stato di ubriachezza, paragonare Berlusconi a Hitler, ma neppure al massimo livello di alcolemia userei mai espressioni insensate come "paradosso intellettuale" o "intellettualmente parlando". A cosa si oppone il paradosso intellettuale? A quello manuale, a quello sensoriale, a quello rurale? Non si pretende che tutti conoscano a menadito la terminologia della retorica o della logica, ma certamente "paradosso intellettuale" è dizione da analfabeta e chi pretende che altri dicano cose "intellettualmente parlando" è evidentemente uso dirle parlando pedestremente. Questo significa che il virgolettato del comunicato era effetto di una rozza manipolazione altrui. Su un materiale così evidentemente scadente si è impostata una virtuosa campagna di indignazione, come al solito per diffamare chi non ama il nostro premier e porta calzini turchesi. Senza che nessuno osservasse, almeno, che non è possibile paragonare Berlusconi a Hitler perché Hitler è stato notoriamente monogamo.

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  • 2 weeks later...

La Germania chiude sette centrali - Mosca pronta all'evacuazione delle isole Kurili - L'Italia va avanti

 

Il Punto di Stefano Folli

Germania e Svizzera frenano sul nucleare e sospendono i piani di sviluppo

L'incidente alla centrale nucleare di Fukushima in conseguenza del violento sisma che ha colpito il Giappone, riaccende il dibattito sul nucleare in Europa. Il primo stop è arrivato da Svizzera e Germania. Il governo di Angela Merkel ha disposto la chiusura temporanea di sette vecchie centrali nucleari alla luce di quanto sta avvenendo in Giappone all'impianto di Fukushima. La misura è stata annunciata dal cancelliere Angela Merkel e riguarda tutte le centrali entrate in servizio «prima della fine del 1980».

 

La chiusura ha effetto immediato e durerà in un primo tempo per tre mesi. In Russia intanto il primo ministro Vladimir Putin ha ordinato che venga eseguito uno studio sul settore nucleare del paese per verificare se esistono le condizioni perché si possa verificare sul suolo della Federazione quanto avvenuto in Giappone. Berlino inoltre ha deciso di sospendere per tre mesi la decisione del previsto prolungamento della vita dei 17 impianti nucleari tedeschi alla luce del disastro di Fukushima, in Giappone.

 

Berlino annuncia una verifica sulla sicurezza

La moratoria sulla decisione di allungare la vita degli impianti, ha spiegato la Merkel, servirà a effettuare «senza tabù, un'ampia verifica della sicurezza degli impianti nucleari» in Germania. La Merkel ha comunque ribadito la sua posizione, secondo cui l'energia nucleare resta «una tecnologia ponte» in attesa di sviluppare ulteriormente il settore delle fonti rinnovabili. L'unica risposta a questa situazione, ha sottolineato, è che «il passaggio all'era dell'energia rinnovabile è un obbligo che ha la massima priorità».

 

Tuttavia la cancelliera tedesca non ha chiuso totalmente la porta al nucleare. «Penseremo come continuare dopo questi tre mesi» ha detto. «Abbiamo bisogno dell'energia nucleare - ha aggiunto - una chiusura delle centrali e la rinuncia a questa tecnologia non credo possa essere la risposta. L'unica risposta credo possa essere avere centrali più sicure».

 

Sospeso il piano di rinnovamento delle centrali in Svizzera

Anche la Svizzera, come accennato, ha deciso di frenare sullo sviluppo del nucleare annunciando la sospensione del piano di rinnovamento delle centrali. Al termine di un vertice con esperti del settore, il ministro per l'Energia, Doris Leuthard, «ha deciso di sospendere le procedure in corso che riguardano le domande di autorizzazione generale per le nuove centrali nucleari» si legge nel comunicato diffuso dal suo ministero. Leuthard ha inoltre incaricato l'Ispettorato federale della sicurezza nucleare (Ifsn) di procedere a un riesame della sicurezza degli impianti esistenti e di analizzare le «cause esatte dell'incidente avvenuto in Giappone e di definire eventualmente nuovi o più severi standard di sicurezza, in particolare in materia di protezione contro terremoti e sistemi di raffreddamento». «La sicurezza - ha sottolineato il ministro - è una priorità assoluta».

 

Il governo italiano: avanti sull'atomo

Nucleare, fuga da Tokyo

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La Germania chiude sette centrali - Mosca pronta all'evacuazione delle isole Kurili - L'Italia va avanti

 

Il Punto di Stefano Folli

Germania e Svizzera frenano sul nucleare e sospendono i piani di sviluppo

L'incidente alla centrale nucleare di Fukushima in conseguenza del violento sisma che ha colpito il Giappone, riaccende il dibattito sul nucleare in Europa. Il primo stop è arrivato da Svizzera e Germania. Il governo di Angela Merkel ha disposto la chiusura temporanea di sette vecchie centrali nucleari alla luce di quanto sta avvenendo in Giappone all'impianto di Fukushima. La misura è stata annunciata dal cancelliere Angela Merkel e riguarda tutte le centrali entrate in servizio «prima della fine del 1980».

 

La chiusura ha effetto immediato e durerà in un primo tempo per tre mesi. In Russia intanto il primo ministro Vladimir Putin ha ordinato che venga eseguito uno studio sul settore nucleare del paese per verificare se esistono le condizioni perché si possa verificare sul suolo della Federazione quanto avvenuto in Giappone. Berlino inoltre ha deciso di sospendere per tre mesi la decisione del previsto prolungamento della vita dei 17 impianti nucleari tedeschi alla luce del disastro di Fukushima, in Giappone.

 

Berlino annuncia una verifica sulla sicurezza

La moratoria sulla decisione di allungare la vita degli impianti, ha spiegato la Merkel, servirà a effettuare «senza tabù, un'ampia verifica della sicurezza degli impianti nucleari» in Germania. La Merkel ha comunque ribadito la sua posizione, secondo cui l'energia nucleare resta «una tecnologia ponte» in attesa di sviluppare ulteriormente il settore delle fonti rinnovabili. L'unica risposta a questa situazione, ha sottolineato, è che «il passaggio all'era dell'energia rinnovabile è un obbligo che ha la massima priorità».

 

Tuttavia la cancelliera tedesca non ha chiuso totalmente la porta al nucleare. «Penseremo come continuare dopo questi tre mesi» ha detto. «Abbiamo bisogno dell'energia nucleare - ha aggiunto - una chiusura delle centrali e la rinuncia a questa tecnologia non credo possa essere la risposta. L'unica risposta credo possa essere avere centrali più sicure».

 

Sospeso il piano di rinnovamento delle centrali in Svizzera

Anche la Svizzera, come accennato, ha deciso di frenare sullo sviluppo del nucleare annunciando la sospensione del piano di rinnovamento delle centrali. Al termine di un vertice con esperti del settore, il ministro per l'Energia, Doris Leuthard, «ha deciso di sospendere le procedure in corso che riguardano le domande di autorizzazione generale per le nuove centrali nucleari» si legge nel comunicato diffuso dal suo ministero. Leuthard ha inoltre incaricato l'Ispettorato federale della sicurezza nucleare (Ifsn) di procedere a un riesame della sicurezza degli impianti esistenti e di analizzare le «cause esatte dell'incidente avvenuto in Giappone e di definire eventualmente nuovi o più severi standard di sicurezza, in particolare in materia di protezione contro terremoti e sistemi di raffreddamento». «La sicurezza - ha sottolineato il ministro - è una priorità assoluta».

 

Il governo italiano: avanti sull'atomo

Nucleare, fuga da Tokyo

 

 

Tanto finchè avremo le centrali nucleari Francesi proprio al di là delle Alpi non saremo mai sicuri, anche se non ne costruissimo nel nostro territorio.

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Cinque terre, la prima maxi-piscina progettata dall’ex custode del patrimonio ambientale

Il progetto riguarda l'Hotel Roca di Monterosso, comune-regno del Pdl dove non esiste opposizione. L'idea è dell'ex sovraintendente Mario Semino. Ora sul caso pesa un esposto. Se ne ocuperà la procura. L'indagine ad oggi resta a carico di ignoti

Le ruspe lavorano. Il verde della vegetazione mediterranea scompare, lascia spazio al giallo della terra che emerge, come una ferita. Ecco la grande piscina dell’Hotel Roca di Monterosso. Piscina dei record: sarebbe la prima di tutte le Cinque Terre. Non ancora finita e già si trova al centro delle polemiche, e degli esposti degli ambientalisti. Non solo: il suo progettista è l’architetto Mario Semino. Già, negli anni Ottanta era Sovrintendente della Liguria, insomma era il custode del patrimonio architettonico e ambientale della regione. Mentre oggi è l’autore di un progetto che fa tanto discutere. Strano destino. E c’è chi ha paura che quella piscina (di acqua salata pompata dal mare), quella chiazza azzurra sospesa sul mar Ligure possa essere il passo decisivo verso il definitivo sbarco del Partito del Cemento alle Cinque Terre, uno dei tratti di costa più famosi d’Italia. Dove ogni anno arrivano milioni di turisti, molti stranieri.

 

I primi allarmi sono partiti negli anni scorsi. Gli ambientalisti puntarono il dito contro la costruzione di villette nel villaggio turistico a picco sul mare di Corniglia (operazione sostenuta da Franco Bonanini, l’ex direttore del Parco, vicino al centrosinistra, arrestato l’anno scorso). Poi ecco il nuovo edificio destinato a ospitare una scuola nei boschi di Pianca. Quindi la sede del Parco vicino alla stazione di Manarola. Per finire con la funivia che dovrebbe partire alle spalle di Monterosso. Insomma, alle Cinque Terre gli allarmi si moltiplicano.

 

Ma il racconto deve partire dall’inizio, da Monterosso, comune feudo del centrodestra. Primo, semplicemente perché qui l’opposizione non esiste. Il centrosinistra non è nemmeno presente in consiglio comunale. Roba da fare invidia alla Cuba di Fidel. Secondo, perché da queste parti si ritrovano tanti esponenti del mondo berlusconiano, da Luigi Grillo, potente presidente della Commissione Opere Pubbliche e Comunicazioni del Senato, a Maurizio Belpietro, direttore di Libero. Qui gli ambientalisti sono a mal partito. Si battono contro i nuovi garage, contro verande che compaiono all’improvviso su vecchi palazzi storici in riva al mare. L’ultimo allarme è proprio lei, la piscina dell’Hotel Roca.

 

Praticamente l’unica di tutte le Cinque Terre. Ma leggendo la relazione tecnico-descrittiva del 2004 sembra che non possano esserci dubbi: “La proprietà ha ritenuto indispensabile dotarsi di piscine”. Non solo: “Il Comune ha ritenuto il soddisfacimento di tale esigenza di sicuro beneficio per l’Hotel Roca nonché di miglioramento dell’immagine complessiva turistica del Comune di Monterosso”. Ancora: “Il nuovo Piano Regolatore in itinere, gia’ritenuto meritevole di approvazione dalla Regione Liguria, ha previsto in zona limitrofa all’albergo la possibilita’ di realizzare la piscine”.

 

Claudio Frigerio dell’associazione Ambiental-Mente, uno dei pochi a essersi battuto negli ultimi anni contro le operazioni immobiliari alle Cinque Terre, non e’ d’accordo. E ribatte punto su punto: “Non si capisce perché sia stata approvata la realizzazione di questa piscina, l’unica di una zona super tutelata, di un Parco Naturale”. Non solo: “Per consentire la realizzazione della piscina si è derogato a tutti i livelli di pianificazione territoriale, a livello comunale (Piano Regolatore), a livello di Parco Naturale e perfino a livello regionale”. Come è stato possibile? “Qualcuno ha sostenuto che la piscina per i clienti dell’albergo va costruita perché di interesse pubblico”. Ma il Piano Regolatore “in itinere” cui fa riferimento la relazione tecnica? Frigerio sorride:”E’ in itinere da dodici anni”.

 

Negli uffici del Comune respingono le accuse: “E’ tutto in regola”, assicurano. Certo, quella macchia chiara in mezzo al verde delle alture a picco sul mare, quelle ruspe che si mangiano i rilievi fanno venire la pelle d’oca. Non soltanto agli ambientalisti, ma alle migliaia di persone che con il primo sole della primavera sono arrivate a Monterosso. Adesso la parola passerà alla Procura che dovrà occuparsi dell’esposto (finora non ci sono indagati). Ma in Comune sono convinti della scelta e vanno avanti per la loro strada. Del resto non c’è nemmeno l’opposizione.

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