Los Angeles Lakers vs Sacramento Kings 113-102 W (36-32)



La prima cosa che ti viene in mente quando pensi a Lakers vs Kings è la rivalità di inizio millennio, la bomba allo scadere di Horry, la canzoncina di Shaq, Bryant che sodomizza quel maiale di Christie…ecco, non è difficile notare che la situazione rispetto ad allora è cambiata parecchio. Sacramento è una delle squadre peggiori della lega e fa particolarmente pena in trasferta (6-28), i nostri invece lottano per un posto nei PO in una stagione “piuttosto particolare”. E’ una partita che i Lakers non possono assolutamente permettersi di perdere nonostante l’assenza di Kobe Bryant, a maggior ragione vista la mancanza di Cousins (talento inversamente proporzionale alle capacità mentali) tra le file dei Kings. 

Sotto gli occhi dei nostri amici in trasferta ad L.A. il match si apre con una serie di obbrobi cestistici di raro livello, tanto che in un momento di silenzio generale si odono chiaramente le urla di Brando: “aridatece i sordi, mannaggia li pescetti!”. Howard in attacco non vede un pallone mentre loro si affidano al trio Thomas-Evans-Patterson. E’ una partita oscena. Se non altro nella seconda metà del primo quarto si alzano un po’ i ritmi, ci entra qualche tiro da fuori e grazie soprattutto a Jamison chiudiamo avanti 33-27. 

Ad inizio secondo quarto non accade nulla di interessante, quindi decido di concentrare la mia attenzione su Cole Aldrich, centro (si fa per dire) tradato da Houston a Sacramento lo scorso Febbraio, il quale non ha la più pallida idea di dove andare e di conseguenza vaga spaesato per il campo. Nessuna sorpresa che il suo diretto avversario, tale Howard Dwight, venga più volte mandato sopra il ferro permettendo ai Lakers di mantenere una certa distanza di sicurezza. Nemmeno il tempo di scriverlo che la suddetta distanza scompare! Se è vero che in attacco abbiamo vita facile grazie soprattutto alla pochezza dell’avversario, è anche vero che omettiamo completamente la fase difensiva, in particolare sul perimetro. Sacramento bombarda dall’arco con Patterson e piazza un parziale di 12-3 portandosi addirittura in vantaggio, ma Nash pareggia a pochi secondi dalla sirena e si torna negli spogliatoi sul 56-56.

Nella prima parte del terzo quarto la musica non cambia. Attacchiamo discretamente con Nash che gestisce molto bene il ritmo e Metta che non sbaglia niente, ma a parte qualche lampo siamo davvero spenti nella nostra metà campo. Nel finale però, grazie ad una serie di ottime giocate di Blake e Jamison che confermano il loro straordinario periodo di forma, riusciamo ad allungare. E’ proprio Steve Blake, ormai evolutosi ufficialmente da ratto a criceto senza nemmeno passare per lo stadio di topo, a segnare la tripla che regala ai Lakers un vantaggio di 10 punti al termine della frazione.

A questo punto il tifoso dei Lakers sa già che il black-out è dietro l’angolo, guai a pensare che sia chiusa…e infatti arriva puntuale come un orologio svizzero il parziale dei Kings che si portano sul -2 a 8 minuti dalla sirena. Questa strana squadra però, bisogna dirlo, ha sicuramente carattere e attributi e lo testimonia la vigorosa reazione a suon di triple di metà quarto: 12 a 0 e Sacramento ricacciata a -13. La fase offensiva continua a funzionare alla grande con le giocate dei due Steve, Metta e Jamison e in difesa Dwight decide di fare sul serio, per un attimo sembra di assistere ad una partita di pallavolo. I minuti finali scorrono via in tranquillità e alla fine del match il risultato è 113-102 per i padroni di casa.

Vittoria prevedibile ma ugualmente importante per i Lakers che senza Kobe riescono a consolidare l’ottava posizione in classifica. Player of the game nella rotazione a 7 D’Antoniana Antawn Jamison, molto bene tutti soprattutto nel secondo tempo. Uniche note stonate della serata Meeks, parzialmente Clark e i mancati tacos per i nostri rappresentati allo Staples. Prossima partita, anche questa di importanza capitale come tutte le altre che mancano da qui alla fine, in back2back a Phoenix. Nel frattempo continuerò ad interrogarmi sul senso di Cole Aldrich.

A.S.


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