Los Angeles Lakers vs. Golden State Warriors 118-116 W (43-37)


Los Angeles Lakers vs. Golden State Warriors 118-116 W (43-37)

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La palla lanciata da Curry da 25 metri di distanza. La sirena che suona. Tutti nel palazzo trattengono il respiro. Curry ha già segnato 47 punti, 9 triple, non può, non deve segnare anche questa. Kobe non è in campo, è anche lui davanti ad un monitor come lo siamo noi a migliaia di chilometri di distanza. Non ce l’ha fatta a restare in campo fino alla fine. è crollato negli ultimi minuti. ha lasciato il parquet solo quando poteva solo a stento camminare. Per lui si parla di possibile rottura del tendine d’Achille, ma solo domani sarà effettuata una risonanza. Ai giornalisti dirà in seguito “I made a move I’ve made a million times, and (the Achilles) just popped. Terrible. A terrible feeling.” 

E come noi, anche lui può alzare le mani al cielo e sorridere quando quel benedetto pallone si stampa sul secondo ferro e ci consegna la 43esima W stagionale. 

La partita è stata ancora una volta piena di contraddizioni e di sofferenze, il tifoso che vuole auto-convincersi che le cose possano andar bene anche in proiezione futura trova davvero poche cose alle quali appigliarsi per continuare a credere. Comunque, finchè possiamo, we believe!

L’atteggiamento difensivo iniziale è quello che ci si aspetta, non vale quasi la pena di soffermarsi, di criticare, di puntualizzare l’ennesimo approccio “guardingo” della nostra retroguardia. Limitiamoci ad elencare i freddi numeri del ben poco freddo primo quarto di Steph Curry: ne segna 22 con 9-13 dal campo, più 2 assist. Lo inseguiranno prima Blake, poi World Peace (dalla panca), per qualche scampolo ci provano anche Meeks e Bryant; tutti respinti con perdite. 

Il giocatore è un fenomeno assoluto, nessun dubbio, e su questo non c’è D’Antoni o World Peace che tengano. Quando si arresta e tira dietro la linea con tempi di esecuzione e di rilascio inumani, a parte alzare il braccio e sperare che esca (ed esce raramente) c’è poco da fare. Quello che può essere fatto è, però abbassare il numero di possessi tenendo ritmi bassi, limitando il numero di rimbalzi offensive concesse e di palle perse, in modo da dare meno possibilità a Curry di farci male. 
I Lakers falliscono su tutta la linea. I ritmi restano inpiegabilmente alti per ampi tratti del primo tempo, fioccano i rimbalzi offensivi dei Warriors (15 in totale) e le palle perse gialloviola (7 nel primo tempo). Mentre Curry raggiunge e supera quota 30 in appena un quarto e mezzo, la squadra di coach Jackson (sì lo so che vi piace leggerlo quando lo scrivo) non riesce ad allungare, penalizzata a sua volta da una difesa incapace di limitare le primaverili vampate di Pau Gasol.

In effetti il catalano gioca un primo tempo offensivo clamoroso, totale, a tratti persino dominante. Efficace quando viene chiamato a ricevere in post basso, assolutamente letale quando riceve in post alto e dispensa assist ora per Howard (sempre più frequenti i giochi alto-basso) ora per il tiratore sul perimetro. Le sue cifre sono da far brillare gli occhi: 26 punti, 11 rimbalzi, 10 assist. La coppia dei nostri lunghi, o due torri se preferite, tengono banco contro i Warriors privi di un Bogut che sarebbe tornato loro molto utile, e consentono di restare a contatto nonostante gli scempi difensivi. 

Concluso il primo tempo in parità, il terzo quarto si apre con tutti i crismi della battaglia. Purtroppo il bollettino dei feriti non tarda ad arrivare: Kobe cade a terra una prima volta, dopo una torsione del ginocchio sinistro, e si rialza zoppicando; dopo tre minuti subisce un secondo colpo alla gamba destra, probabilmente solo un crampo, zoppica ancora un po’ per il campo e va poi a battere i tiri liberi del fallo subito senza neanche degnare la panchina di uno sguardo o di un cenno. Va avanti come se nulla fosse. 

Se da un lato il fatto che i colpi subiti dal capitano non gli impediscano momentaneamente di restare in campo solleva l’animo del tifoso, dall’altro va evidenziato un netto calo dell’efficacia offensiva corrispondente a questi minuti, non solo del singolo ma di tutta la squadra. E se cala l’attacco la partita rischia di sfuggire di mano, visto che Curry e Thompson non fanno la minima fatica a condurre i loro ad un quarto da 33 punti. Sul 90-81 Golden State raggiunge il massimo vantaggio e anche la fede del più ottimista dei tifosi a questo punto è vacillante. Per svoltarla c’è bisogno dell’ennesimo quarto miracoloso del suddetto capitan Kobe, ormai quasi barcollante. 

Kobe non si astrae dalla lotta neanche per mezzo possesso, continua a prendere botte, zoppica vistosamente dopo l’ennesimo fallo subito al 45′ minuto, appena dopo aver segnato due triple incredibili per pareggiare i conti a quota 107. A questo punto però, dopo averne già messi 12 in 9 minuti, non può proprio più correre. I compagni fanno fallo per permettere la sostituzione, lui va direttamente negli spogliatoi. 

Come va a finire già lo sapete a questo punto. Landry si mangia un comodo jumper del sorpasso a 3 secondi dallo scadere, Howard prende il suo settimo rimbalzo e subisce fallo, segna il secondo libero consegnando la rimessa ai Warriors, e quell’ultimo Hail Mary shot che Curry non trasforma. 

I Lakers restano in vantaggio sui Jazz (W contro Minnesota nella notte) di una partita, a due match dalla fine. Non ci resta che stare con il fiato sospeso, in attesa delle notizie decisive sulla salute di Bryant. Diciamoci la verità però, le prospettive sembrano le più nere. Qui sul forum tutti gli aggiornamenti.

Boxscore

g.m.


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