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Memphis, lunedì primo febbraio 2010: Kobe Bryant raggiunge quota 25208 punti nella sua carriera NBA. Quattordici anni, dal 1996 al 2010, tutti giocati con la maglia dei Lakers, tanto è servito a Kobe per raggiungere la vetta all time della classifica “cannonieri” della franchigia più prestigiosa del basket americano. L.A. Dream torna dedicando la sua puntata di febbraio al primo Kobe, dalla sua parentesi italiana alla notte del draft 1996.

 

 

Novembre 1977, Joe Bryant e Pamela Cox, futuri genitori di Bryant, si trovano in un ristorante a Philadelphia quando la moglie comunica la marito di aspettare un figlio. Joe, il padre, intento a divorare una succulenta bistecca di manzo, decide di chiamare il nascituro come il piatto che stava apprezzando così tanto, ignorando probabilmente che il nome da lui scelto sarebbe diventato così famoso nel giro di qualche anno. Una bistecca destinata ad entrare nella leggenda.

 

Kobe e' nato il 23 agosto del 1978 a Philadelphia, terzogenito della famiglia Bryant, con due sorelle maggiori. Suo Padre Joe, giocatore professionista NBA, dopo 8 stagioni con Philadelphia, San Diego Clippers, e Houston Rockets, decise nel 1984, di chiudere con l'Nba e di trasferirsi in Italia, dove avrebbe potuto giocare ancora un paio di stagioni. Nel nostro campionato, invece, Bryant restò per otto anni militando prima a Rieti e poi a Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. La famiglia lo seguì in Italia in ogni città, lasciando l’America alla quale preferì la vita nel bel paese. Intanto il piccolo Kobe, ad appena 6 anni, iniziava a ricalcare le orme del padre iniziando con i primi tiri a canestro, ma cimentandosi, da vero “italiano”, anche nel calcio, come portiere. A Rieti e nelle altre città dove Joe scendeva in campo, ogni volta che c'era un timeout o una pausa di gioco, Kobe prendeva il pallone ed iniziava a palleggiare e correre provando tiri e conclusioni spettacolari, dimostrando già una passione per il gioco inarrivabile e straordinaria per la sua giovanissima età. Ad incidere parecchio sulla sua volontà di diventare un grande giocatore di basket, ci pensavano anche le cassette che dall’America gli continuavano ad arrivare, permettendogli uno studio attento dei migliori giocatori della NBA.

 

Come un vero maniaco del gioco sin da allora, Kobe passava ore intere a vedere le giocate in VHS e provava goffamente a ripeterle al campetto fintanto che non riusciva a riprodurle perfettamente. Erano gli anni ottanta dei Lakers dello Showtime, di Magic e delle infuocate sfide con i Celtics; il futuro miglior giocatore del mondo ignorava che un giorno, a vent’anni di distanza, si sarebbe ritrovato a duellare proprio con i Bostoniani e persino a ricevere nei frequenti anni bui dei Celtics, applausi e cori di MVP al Garden. Parecchie delle videocassette erano anche incentrate sui Bulls del primo Jordan ed il destino vuole notoriamente che Kobe si sia portato dietro per tutta la sua carriera l’ombra ingombrante di MJ: un dualismo infinito tra il miglior giocatore di basket di tutti i tempi e quello che più di tutti gli si avvicina su un campo di pallacanestro, un dibattito infinito.

L’aneddoto più simpatico di Kobe e l’Italia resta comunque quello raccontato durante la prima gara delle finali di conference 2002 tra Lakers e Kings, 4tywk-hiYIY .

 

Nel 1992 Kobe aveva 14 anni quando suo padre si ritirò dalla pallacanestro giocata e decise di tornare negli States. KB era un ragazzo diverso dagli altri americani infatti arrivando dall'Italia abituato più a studiare piuttosto che a giocare su un campo da basket. In molti a considerarlo come un giocatore mediocre che non avrebbe mai sfondato: troppo gracile fisicamente per la vistosa mancanza della preparazione atletica che i suoi coetanei avevano ricevuto, mentre lui aveva vissuto in Italia. Kobe si iscrisse alla High School di Lower Marion dove vi rimase per 3 anni, destinati a diventare storici per questo liceo di Philadelphia, passato dall’essere un carneade delle High School americane ad una delle più celebri e rinomate scuole superiori degli States. Abituato sin da allora a smentire i critici nei suo confronti, Kobe inanellò una serie di record impressionanti, diventando addirittura in poco tempo il miglior marcatore di sempre dei licei della Pennsylvania riuscendo a compiere il primo, dei tanti, grandissimi sorpassi della sua carriera: 2883 punti, Bryant aveva fatto meglio di un mito della storia del gioco, l’hall of famer Wilt Camberlain. Sul campo la sua squadra chiuse in tre anni con un record di 77 vinte e 13 perse. L’allora numero 33, chiuse la sua ultima stagione con 30.8 punti, 12 rimbalzi, 6.5 assist e 4 recuperi, 31 vinte-3 perse ed il titolo della divisione vinto. Una superiorità sugli avversari mai vista prima a livello di liceo da parte di un singolo giocatore, persino “accusato” simpaticamente dai suoi allenatori e compagni di essere in grado di sabotare le partite. Come se non bastasse arrivarono anche riconoscimenti individuali: "National High School Player of yhe Year" da parte di Usa Today, una sorta di premio di MVP, ed anche il "Gatorade Circle of Champions High School Player of the Year”; ovviamente Kobe trovò spazio anche nella celebre selezione Mc Donald’s di tutti i migliori giocatori della High School, da sempre importante proscenio delle future stelle NBA.

Nel 1996 chiusa una delle stagioni più vincenti nella storia dei più celebri sportivi americani a livello giovanile, Kobe convocò la celebre conferenza in cui annunciò praticamente in diretta nazionale che avrebbe saltato il college per andare direttamente in NBA: una scelta tanto ambiziosa, quanto pericolosa F5IOsDZ8CQM .

 

In molti tra gli addetti ai lavori erano scettici all’idea che il ragazzino da Phila avrebbe potuto fare la differenza in NBA, forse l’unico a credere in lui fu il solo Jerry West, l’allora gm dei Lakers che fece carte false per avere la possibilità di scegliere Bryant.

Il primo membro dello staff dei Lakers a vedere Kobe, fu Mitch Kupchak l’allora assistente di Jerry West, poi divenuto gm dei Lakers e protagonista della seconda parte di carriera di Kobe in maglia gialloviola, dalle tensioni tra i due dell’estate 2007 alle successive magate di Mitch, in grado di dare a Kobe una squadra competitiva per il titolo, storia molto recente.

Nonostante le soddisfacenti visite di Mitch a Philadelphia, alla palestra della Lower Marion, i dubbi sul ragazzino alto poco meno di 2 metri permanevano. In più si diceva che i Knicks fossero interessati a Kobe, le 3 scelte alte al primo giro a disposizione della franchigia della Grande Mela avrebbero giustificato la rischiosa chiamata. Prima di Bryant sicuramente sarebbero andati Iverson, Marbury e Ray Allen, tutti giocatori più conosciuti e già celebrati al college. I Lakers, avevano la scelta numero 24 e sapevano che difficilmente Kobe sarebbe arrivato così alto, visto che tra la dieci e la venti c’erano comunque parecchie squadre pronte a scommettere su di lui.

 

Le voci su una possibile chiamata alta di Bryant si intensificarono dopo il provino effettuato a Phoenix, dove Kobe impressionò tutti gli addetti ai lavori. Racconta l’allora assistente dei Suns Scott Skiles: “In alcuni momenti ti accorgi di assistere a qualcosa di speciale, in quel momento tutti pensammo che Kobe era davvero speciale.” Quella vecchia volpe di Jerry West volle vederci meglio su quel ragazzo e convocò immediatamente un workout alla palestra della YMCA di Inglewood: un 1vs1 con Eddie Jones, fresco partecipante alle final four NCAA ’96 con Mississipi State. Il risultato del provino fu lampante: Kobe distrusse letteralmente il suo avversario, una superiorità imbarazzante, un giocatore appena uscito dal college in grado di umiliare quello che avevo vinto il premio di MVP della Southeastern Conference. Mr Logo fu definitivamente convinto: attraverso la scelta di Bryant sarebbe passata la rinascita della franchigia di L.A., insieme con l’arrivo del free agent Shaquille O’Neal, con il quale i contatti erano già avviati.

Il progetto di Jerry Buss era chiaro: dopo l’eliminazione per 3-1 subita ai playoffs contro Houston, Los Angeles avrebbe dovuto invertire le sorti della franchigia. Il binomio Kobe-Shaq nacque così nell’estate 1996.

 

L’accordo per avere una scelta alta fu presto trovato, West si trovò sulla parola con l’allora franchigia di Charlotte, gli Hornets: i Lakers avrebbero spedito nella stessa notte del draft il riluttante Vlade Divac nella Carolina, liberando tra l’altro spazio sotto i tabelloni per Shaq, in cambio di Bryant, lasciato totalmente all’oscuro della trattativa e che sarebbe stato scelto comunque alla 13 dagli Hornets. L’unico problema, oltre che convincere il centro slavo, sarebbe stato incrociare le dita e sperare che non scegliessero Kobe prima.

Nessuno ebbe il coraggio di rischiare e prima di Bryant, furono chiamati alcuni “talenti” del calibro di Lorenzen Wright, Antoine Walker, Eric Dampier, Todd Fuller, Potapenk; l’unico vero rischio per i Lakers era rappresentato dai Nets. Con la numero 8, John Calipari, aveva reso pubblica la volontà di New Jersey di chiamare Bryant. Kobe però non si attardò nel comunicare che mai nella sua carriera avrebbe voluto giocare nelle paludi a ridosso di NYC.

 

Dalla notte newyorkese del giugno 1996 sarebbe destinata a cambiare per sempre la storia dei Lakers: è difficile aggiungere qualsiasi ulteriore considerazione per spiegare i primi 14 anni di carriera del Mamba.

 

M.V.P. della Stagione Regolare 2008;

Ha vinto 4 titoli Nba (2000/01/02/09);

M.V.P. della Finale 2009.

E' stato inserito 8 volte nel All-Defensive Nba Team (dal 2000 al 2004 - 2006 -2007 - 2008 - 2009);

E' stato inserito 11 volte nel All Nba Team (dal 1999 al 2009);

E' stato chiamato a partecipare a 13 All Star Game (dal 1998 al 2010);

E' stato chiamato a partecipare l'All Star Game dei Rookie (1997);

M.V.P. del All Star Game (2001-2007-2009)

Nel 2005/06, contro i Raptors (il 20/12), ha messo a referto la seconda migliore prestazioni di tutti i tempi per punti segnati in una singola partita concludendo con 81.

Nel 2006/07 ha realizzato una striscia da quattro partite con almeno 50 punti divenando il secondo nella storia della NBA a tagliare un traguardo simile.

E' stato inserito nel All Rookie Team del 1996-97;

Ha vinto una volta la gara delle schiacciate (1997);

All'età di 19 anni e 5 mesi debuttò nel All Star Game vero e proprio diventando il giocatore più giovane chiamato a disputare la gare delle stelle (1998 - New York).

 

 

Dal 1 febbraio 2010 è diventato il miglior realizzatore di sempre in maglia Lakers.

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To be continued...

 

( f. r. )

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Molto interessante...

 

Verissimo il fatto che sabotava le partite, le portava volutamente all'ultimo possesso solo per il gusto di vincerle nel finale.. :ahah

 

Ottimo D-Gen :inchino

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Gran bel pezzo D-Gen, molto interessante.

 

The player of the decade, senza alcun dubbio, da quel draft 1996 cambiò la storia non solo dei Lakers ma di tutta la NBA.

 

:inchino :inchino :inchino

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A proposito del player of the decade, recentemente aperto un sondaggio riguardante proprio questo, se la battono apertamente Timoteo, Kobe e ovviamente O'Neal, io ho votato Bryant.

 

Pezzo interessantissimo e piacevolissimo da leggere Fede, hai riassunto in maniera perfetta il giovine Kobe Bean Bryant. :inchino

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da anni cercavo una biografia soddisfacente riguardo questo mostro dell'nba

...non so che dì fratè, iniziare con la madre di kobe che annuncia a joe che aspettava un figlio, spiegandone così anche la nascita del nome...sei un grande fratè...te stimo :asd

e ovviamente stimo kobe #24 bryant, un grande, un grosso...ovviamente (nella mia classifica personale al secondo posto) dopo il mitico 2pac (16/06/1971 - 13/09/1996 fc4 )

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