Playoffs 2012 Preview: Eastern Conference


Appena in tempo per i Playoff, dopo 4 intensissimi mesi di tanking, decisioni improbabili, (l)insanities e trade talks, sono emerse dalle ceneri di questa paradossale stagione 16 squadre attrezzate in modo palesemente diverso, ma tutte degne di trovarsi al crepuscolo di Aprile in trincea, e non gone fishin’…

Oggi parleremo dell’est, appuntamento a domani per la Western Conference e a ridosso di Gara 1 per la preview dedicata ai Lakers.

 

(1) CHICAGO BULLS (50-16) vs (8) PHILADELPHIA 76ERS (35-31)

39 partite. E’ il totale delle partite giocate dall’uomo in copertina, l’MVP uscente Derrick Rose, in questa stagione. Il che equivale a 26 partite saltate (27 se a riposo nell’ultimo match) per svariati problemi fisici, il più grave dei quali alla schiena. In questa serie contro gli arrembanti Sixers di coach Doug Collins, che ormai conosciamo bene sia nei loro pregi che nei loro difetti, l’X factor è ineluttabilmente lui, e la sua condizione fisica determinerà – se non l’esito – almeno lo scarto finale della sfida.

Il coach Tom Thibodeau, dopo il premio di coach dell’anno del 2011, ha eseguito un altro lavoro superbo sulla sua squadra, dal punto di vista motivazionale e – ovviamente – di playbook difensivo, concedendo appena il 42% dal campo agli avversari e 88.4 miseri punti, con un differenziale di +7.8 punti a partita. Inoltre, in contumacia Rose, i Bulls sono stati autori di un più che discreto 17-9, consentendo a Luol Deng di assumere il ruolo di leader silenzioso, a Rip Hamilton (anche lui martoriato dagli infortuni)  di riprendere il ritmo con il basket che conta, e alla loro straordinaria panchina di eseguire il dirty work del caso. Ovviamente l’eccezione c’è, manco a dirlo, ed è Carlos Boozer. L’ex Blue Devil prova a scrollarsi di dosso l’immagine di underachiever, ma ogni aggettivo al di sotto di disappointing per lui è generoso…

Il disappunto, invece, non è presente nel vocabolario dei Sixers. Partiti fortissimo (20-9) e appassiti alla distanza, è difficile trovare una delusione tra le loro fila, sia tra le prime che tra le seconde linee: Jrue Holiday e soprattutto Andre Iguodala si sono riconfermati nell’élite difensiva dell’intera lega, l’ex Kentucky Meeks ha trovato la sua dimensione come specialista dall’arco (37% da tre), e mentre Turner, Lou Williams e Young (51% FG) hanno evidenziato un miglioramento tecnico e mentale costante, c’è stata anche la sorpresa Nikola Vucevic, un backup PF/C di buon livello. A vederli così, la loro profondità di roster è davvero impressionante, ma in chiave playoff le loro lacune saltano immediatamente agli occhi: l’assenza di un go-to-guy, e la tendenza della squadra ad essere un jump shooting team – senza giocatori cosiddetti slasher, un giocatore che poteva essere Iguodala ma che non è il caso di citare, vista la sua conversione a facilitatore/leader difensivo. E con queste due mancanze non opportunamente celate, i Bulls rischiano seriamente di fare un sol boccone dei Sixers….schiena di Rose permettendo.

Precedenti (Bulls lead 2-1):

Chicago 82, Philadelphia 98

Chicago 96, Philadelphia 91

Philadelphia 80, Chicago 89

THE PICK: Bulls win 4-1, Luol Deng MVP

 

(3) INDIANA PACERS (42-24) vs (6) ORLANDO MAGIC (37-29)

Come rovinare una franchigia in pochi, semplici passi. E’ il titolo di un libro sui Clippers e Donald Sterling? Assolutamente no. E’ la storia di Dwight Howard e della stagione 2011-12 degli Orlando Magic.

Partiamo dal presupposto che non c’è un solo colpevole, ci sono solo gradi di responsabilità diversi: dalle Finals del 2009 anche Otis Smith non è che si sia comportato bene in sede di front office, soprattutto con le trade Carter e Turkoglu-bis, e l’operazione di ernia del disco che ha dovuto subire Howard ponendo fine alla sua stagione (e non solo alla sua…) non è imputabile a nessuno se non al caso. Ma tutto il resto è stato discutibile: Dwight ha creato una telenovela durante la trade deadline che non farà altro che prolungare l’agonia dei tifosi per un altro anno (rinunciando alla sua ETO, la clausola di opt-out), ha apertamente e ingenuamente dichiarato le divergenze fra lui e il coach Stan van Gundy (che se ne andrà) e costringerà Smith (il quale se ne andrà anche lui) a cederlo non più tardi dell’anno prossimo.

Tutto ciò trascende qualunque disquisizione tecnica, i Magic sono una squadra da playoff anche senza di lui – pur in condizioni ambientali non ottimali – e sono certo che Anderson (probabile MIP, 16+8, 39% da tre, leader nelle triple realizzate e tentate) e compagni daranno il massimo, che non sarà abbastanza contro questi Pacers che hanno tutto quello che non hanno qui in Florida…

…e cioè un GM competente fino in fondo ed un allenatore sulle stesse onde sonore dei giocatori.  L’odiato, ma anche temuto e rispettato Larry Legend ha alimentato la sorprendente volata playoff dei Pacers 2011 con gli acquisti di David West, George Hill e Leandro Barbosa, e in più c’è Frank Vogel che continua ad allenarli stupendamente, confermandosi come il migliore coach emergente in NBA. Aggiungendo l’emersione prepotente in SG di Paul George (12+6, 1.6 steals/gm) e Roy Hibbert che sta diventando sempre più un centro affidabile offensivamente e difensivamente, i Pacers diventano una squadra difficile da fermare a tutti i livelli. Una delle poche pecche rimane l’inesperienza in postseason, ma per il resto colpiscono solo in positivo: sono estremamente versatili, profondi soprattutto in PG, possono giocare smallball, big ball, hanno difensori, tiratori, toughness (Psycho-T), pochi head case in squadra…una formula vincente, almeno per un turno. Poi….que serà, serà.

Precedenti (Magic lead 3-1):

Orlando 102, Indiana 83

Indiana 106, Orlando 85

Orlando 85, Indiana 81

Indiana 94, Orlando 107

THE PICK: Pacers win 4-2, Danny Granger MVP

 

(4) BOSTON CELTICS (39-27) vs (5) ATLANTA HAWKS (40-26)

I Celtics arrivano alle soglie dei playoff letteralmente correndo. Partiti 15-17 con le sirene della ricostruzione più ululanti che mai, dopo l’All-Star Game hanno preso fuoco con un record di 23-10 trascinati da Rajon Rondo, a dir poco magistrale dopo la trade deadline che lo aveva riguardato con diversi rumors (e noi lo sappiamo bene…) con 13.2 assist di media negli ultimi 2 mesi. Certo, sono altri tempi, non c’è Bob Pettit con gli Hawks e non c’è Bill Russell con le Converse a Boston, e in generale la sensazione è che queste due squadre non possano sfondare a est, ma – detto a bassa voce – c’è il rischio che questa sia la più bella serie tra le 4 affacciate sull’Atlantico.

Il precedente, l’ultimo, è il primo turno del 2008: un 4-3 spettacolare con i Celtics dominanti in casa ma impalpabili a dir poco alla Philips Arena. Ecco, ora i valori sono un pò cambiati, visto che gli odiati del New England sono ormai al termine di un progetto che doveva durare tre anni ma che di fatto ne è durato cinque; Atlanta è da tre anni in un terribile limbo, essendo reduce da tre secondi turni consecutivi persi (e non di poco).

Ormai conosciamo entrambe le squadre molto bene, direttamente (Boston) e indirettamente (ATL). Gli Hawks sono talentuosi quanto disfunzionali nei momenti che contano: rispetto al passato c’è Teague in regia (il vero segreto del loro successo, con atletismo spaziale e decisioni non dannose) ma hanno perso Horford per un infortunio alla spalla. Il resto della truppa è ben nota: J-Smoove c’è, con tutti i plus e i minus che ne conseguono, Joe Johnson – e il suo contratto – ci sono, Hinrich e Pargo daranno un contributo solido, il fratello di T-Mac anche, il quasi-bust Marvin Williams altrettanto, per non dimenticare gli immortali Zaza e Slalom e infine la sorpresa delle sorprese…Ivan Johnson, rivelatosi un solido 4 di riserva…per essere stato trovato tra gli undrafted.

Larry Drew è un ottimo coach, capace di oscurare gli ottimi anni di Woodson (del quale parleremo fra poco), ma credo che anche quest’anno la squadra della Georgia dovrà capitolare anzitempo di fronte a Garnett e soci, che sono partiti con un roster fin troppo operaio e garibaldino negli spot 6-10, ma che hanno trovato la quadratura del cerchio con Allen da 6° uomo, Bradley titolare e la rivelazione Stiemsma, uno che fino a pochi mesi fa giocava in Corea. ‘Nuff said.

Precedenti (Celtics lead 2-1):

Boston 79, Atlanta 76

Atlanta 86, Boston 88

Boston 92, Atlanta 97

THE PICK: Celtics win 4-2, Rajon Rondo & KG co-MVP

 

(2) MIAMI HEAT (46-20) vs (7) NEW YORK KNICKS (36-30)

Il degno epilogo a questa preview è dedicato alla serie sicuramente più seguita di tutto il primo turno: Knicks vs Heat, il divino Melo di questi tempi contro l’MVP in pectore Lebron James, la Linsanity (che ci sarà solo se NY dovesse battere Miami), l’anno II dei Big Three, la stagione meravigliosa di Chandler, la rinascita con Woodson….insomma, fuochi d’artificio.

Miami, neanche a dirlo, porta con sè infiniti strali di polemiche (e un infinito codazzo di adoratori), suggerendo che se anche quest’anno qualcosa dovesse andare storto, uno dei magnifici 3 potrebbe lasciare la carovana…ma sinceramente, io non ne vedo il motivo. Hanno vinto quasi 50 partite nonostante un coach al di sotto della media, con un supporting cast peggiore (anche se sano) e un inspiegabile Bosh che non è riuscito a tirare giù 8 rimbalzi a partita e non è riuscito a tirare il 50% dal campo nonostante prenda solo tiri pseudo-wide open. Il pensiero è legittimo: gli Heat senza Bosh sono o hanno le sembianze degli Heat con Bosh. Se anche quest’anno falliranno, e Bosh non avrà dato il 120%, l’epurato sarà lui, se epurazione dev’essere. Wade ha fatto una stagione in ombra rispetto agli standard, pur essendo stato molto efficiente, ma Lebron non ha fatto prigionieri: 27-8-6-2 stl con il 53% dal campo (!) e il 36% da tre. Pazzesco. In controtendenza con i suoi capelli, le sue regular season sono sempre incredibili, sono il suo terreno di caccia…e sinceramente mi dispiace che un talento così, una combo di Magic nel corpo di Karl Malone, non riesca ancora a vincere un anello alla nona stagione NBA. E’ uno schiaffo alla miseria…detto questo però, posso ricominciare a odiarlo – anzi, ritirati domani! *risata malefica*

La stagione dei Knickerbockers è stata una cosiddetta rollercoaster ride, un giro sulle montagne russe….solo che qui di giri ce ne sono stati quattro o cinque…al mese. Sotto la guida dell”ineffabile Mike, la barca dei newyorkesi sembrava arenarsi anzitempo in un epilogo infelice, finchè un ragazzo col numero 17 firmò 25 alla voce “punti” contro i Nets. E da lì, il resto è storia: le sette vittorie consecutive con il buzzer a Toronto, i problemi di convivenza con Carmelo, l’esonero di D’Antoni e la promozione di Woodson a head coach, l’illuminazione divina del 7 e la cavalcata finale.

A metà stagione è arrivato anche JR Smith, l’uomo a cui non affideresti nemmeno il cane, ma che ha trovato un posto importante da sesto uomo e da titolare nei quintetti clutch, insieme a Iman Shumpert, difensore come ce ne sono pochi (e ovviamente fischiato in sede draft dai competentissimi tifosi newyorkesi) che prenderà in consegna Wade…il resto del frontcourt è arcinoto, con Stoudemire e Chandler che devono recitare obbligatoriamente un ruolo di rilievo nella serie, altrimenti il massacro è più vicino di quanto si pensi…ma sono fiducioso nel n°7….è chiaramente in missione per conto di Dio. Go Knicks.

Precedenti (Heat lead 3-0):

New York 89, Miami 99

New York 88, Miami 102

Miami 93, New York 85

THE PICK: Heat win 4-2, Lebron James MVP

 

l.s.



 



 




 

 


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