I Los Angeles Lakers di coach Mike Brown escono dalla deadline con un playmaker nuovo di zecca, un ringiovanimento complessivo del roster e un Salary Cap più leggero.
Ma lo fanno togliendo il leader emotivo e spirituale del gruppo e di tutto l’ambiente Lakers: Derek Fisher.
Ma andiamo con ordine.
A poco più di un’ora dalla deadline, i Lakers rendono nota l’acquisizione di Ramon Sessions. In seguito si saprà che la trade con i Cleveland Cavaliers coinvolgerà anche Luke Walton e Jason Kapono da una parte ed Eyenga dall’altra. I Cavaliers non ottengono dunque la 1° scelta del Draft 2012 che i Lakers avevano a disposizione e che tanto era stata richiesta dal front-office della squadra dell’Ohio per concludere positivamente l’affare.
Ci si attende un ultimo colpo, a mezzora dalla fine. L’indiziato principale è Beasley, del quale tanto si è parlato negli ultimi giorni.
E invece no. Allo scoccare della deadline, esce fuori la notizia che cambia gli scenari dei gialloviola: trade con Houston, Fisher assieme alla famosa 1°scelta del prossimo Draft per Jordan Hill. Per DaFish si parla già di un possibile buy-out ad aprile con i Texani, con la consapevolezza che a causa delle nuove regole non potrà firmare al minimo salariale per i Lakers, almeno fino a luglio.
In soldoni, Mike Brown trova il giocatore che finalmente può gestire i ritmi di una macchina offensiva sostanzialmente ferma. Ramon Sessions arriva da Cleveland con un discreto bagaglio di esperienza, con caratteristiche offensive che faranno bene alla squadra, considerata la situazione attuale. Sessions raccoglie un’eredità molto pesante e assume un ruolo fondamentale per una squadra che deve iniziare ad imparare a giocare assieme con regimi diversi dalla Tpo. L’ex Cavs è giocatore freddo, bravo nel fare tutto, ma eccellente in pochi aspetti. Ad ogni modo, un vero e proprio upgrade nel ruolo, per la squadra di L.A. E’ rimasto dunque Steve Blake, dato per partente certo fino a 24h fa. Ora l’ex Blazers, meno responsabilizzato e magari più sereno, potrà valorizzare ciò che sa fare e che sempre ha saputo fare nella sua carriera.
Ma non solo Sessions. Mike Brown trova anche un nuovo elemento tra i lunghi oltre a Murphy e McRoberts. Jordan Hill, ottava scelta del Draft 2009 e prodotto di Arizona University, è un lungo difficile da inquadrare. Buon fisico e buon rimbalzista, altezza da centro ma mani meno ruvide di un centro, mentalmente molle e tecnicamente ancora totalmente da sgrezzare. Ma soprattutto, con 3 milioni di dollari in scadenza (Team Option nell’estate che viene). Insomma, tolta la situazione contrattuale, sulla carta non il giocatore ideale per una squadra che dopo la perdita di Lamar Odom per una Trade Exception da 9 milioni di dollari, è alla disperata ricerca di un terzo lungo di rotazione che possa avere un impatto immediato sui destini della propria 2nd unit.
A tal proposito, escono fuori due questioni interessanti.
La prima riguarda quella Trade Exception che alla fine non è stata sfruttata. Se ne era parlato per Sessions, a sprazzi per Beasley. Erano usciti fuori altri scenari difficili da concretizzarsi, che coinvolgevano giocatori di spessore più importante, i famosi Dwight e Deron. Una Trade Exception che ora il front-office gialloviola potrà sfruttare nella prossima estate, con più calma e forte dei suggerimenti arrivati dal termine di questa stagione.
La seconda riguarda il pacchetto-lunghi. Perchè se è vero, com’è vero, che ci sono difficoltà nel trovare qualche buona iniziativa dai Murphy e dai McRoberts, è anche sicuro che la questione Pau Gasol è stata scottante per tutta questa prima parte di stagione. Il Catalano ha avuto le valige in mano per quattro mesi, ma alla fine non è partito.
Professionale nel suo allenarsi ogni giorno con serietà, molle mentalmente e a tratti irritante sul campo. Dopo i Playoffs 2011 e dopo questa prima parte di stagione dalla quale è uscito indenne si potrà finalmente capire se i motivi di tante brutte partite erano da collocarsi per la maggiore nella distrazione da trade, che d’ora in poi non ci sarà più.
Per concludere, non si possono non spendere due parole su Derek Fisher.
Un giocatore che certamente non valeva più quei 4 milioni di dollari all’anno come da contratto. Ma uomo e cestista d’esperienza, umile, spesso decisivo, forte psicologicamente per tutto il gruppo. Non meritava più lo spazio sul parquet come starter, ma sicuramente uno spazio nel roster e nell’ambiente Lakers poteva continuare ad averlo.
Con la maglia gialloviola, 915 partite giocate in Regular Season con 7223 punti segnati, 193 in Post-Season con 1700 punti a referto. Leadership. Carisma. Cinque anelli. E tanti canestri decisivi, come questo.
Derek Fisher – Finals \’09, Game4 against Orlando Magic
Ciao, Fish.
D.M.